lunedì 9 maggio 2011

SVILUPPO ECONOMICO - STABILITA’ SOCIALE - DEMOCRAZIA - ALLA LUCE DEI PRINCIPI DELLA TERMODINAMICA

Nei confronti di molti principi della fisica si sono avute,  nel corso del tempo, risultanze sperimentali che erano in contraddizione con gli stessi e che hanno perciò costretto gli scienziati a modificare leggi e principi fino a quel momento considerati validi.
Basti, a questo proposito, citare le teorie della relatività speciale e generale, che
agli inizi del XX secolo A. Einstein ha dovuto introdurre per conciliare le leggi della meccanica classica e della dinamica newtoniana, fino ad allora considerate valide,  con le risultanze sperimentali che dimostravano la invariabilità della velocità della luce nel vuoto.
Vi sono però principi della fisica che hanno trovato sempre conferme sperimentali e che per questo costituiscono vere e proprie leggi naturali, la cui validità, secondo il parere di molti studiosi, può essere estesa a campi e sistemi  diversi da quelli della fisica, quali sono ad esempio lo studio dei comportamenti sociali e quindi alla sociologia ed all’ economia.
Se consideriamo ad esempio il “Secondo Principio Della Termodinamica”, introdotto fin dal XIX secolo, non si sono ad oggi verificati paradossi sperimentali in contraddizione con tale principio e possiamo quindi affermare che tale postulato è una legge della natura.
In base al  “Secondo Principio Della Termodinamica” si può affermare che, quando fra due punti di un sistema si ha una differenza fra i valori di una grandezza intensiva, si ha sempre in natura una spontanea tendenza ad annullare tale differenza.


In fisica le grandezze intensive (ad es. la temperatura, il potenziale elettrico, ecc.) sono, in sostanza,  grandezze che misurano la concentrazione di altre grandezze, quali, ad esempio, il  calore nel caso della temperatura e le cariche elettriche nel caso del potenziale elettrico.
Pertanto in natura, se esiste fra due punti una differenza di temperatura, il calore tenderà a spostarsi dal punto dove la temperatura è più alta a quello dove la temperatura è più bassa e, analogamente, se esiste fra due punti una differenza di potenziale elettrico ed i due punti sono collegati da un conduttore, si avrà una corrente di cariche elettriche che si muoveranno da dove il potenziale è più alto verso i punti dove il potenziale è più basso.
In altre e più semplici parole, la spontanea tendenza verso l’uniformità statistica è una legge della natura , un aspetto della realtà in cui viviamo.


Una importante grandezza “intensiva” del sistema socio-economico di un paese è, a mio parere, costituita dalla ricchezza e cioè dal totale di denaro e di beni posseduti dagli individui o gruppi di individui appartenenti ai vari strati sociali.
Le differenze di ricchezza tendono quindi ad avviare un movimento di denaro e di beni fra singoli individui o gruppi di individui finalizzato alla eliminazione delle differenze di ricchezza e questo movimento, se avviene ordinatamente, sotto un adeguato controllo ed in concomitanza con una adeguata crescita del reddito totale di ciascun paese (“PIL”), costituisce uno degli elementi che contribuiscono allo sviluppo ordinato della crescita economica ed al mantenimento di una struttura stabile  e democratica della società.


Simon Kuznets, scienziato di origine russa, vincitore nel 1971 del Premio Nobel per le Scienze Economiche, ha dedicato gran parte del suo lavoro allo  studio della crescita economica.
 Egli ha osservato che , sulla base delle statistiche disponibili, lo sviluppo economico nei paesi economicamente più progrediti,  a differenza di quanto avviene nei paesi economicamente sottosviluppati, e’ accompagnato da una diminuzione della disuguaglianza complessiva fra i redditi delle varie classi sociali.
In pratica egli ha empiricamente verificato che, per i paesi economicamente più sviluppati, paragonando i redditi al lordo della fiscalità percepiti dai singoli individui all’inizio del secolo scorso con i redditi percepiti nei periodi successivi alla seconda guerra mondiale, si verifica, insieme alla crescita del reddito totale di ciascun paese,  una diminuzione della quota di tale reddito totale ricevuta dal complesso delle classi sociali con redditi individuali più elevati, ed un aumento della quota del reddito totale ricevuta dal complesso delle classi sociali aventi redditi individuali meno elevati.
Si ha inoltre che, nei paesi ad economia più sviluppata, la riduzione complessiva della disuguaglianza fra i redditi individuali viene ad essere ancora maggiore se si confrontano i redditi individuali al netto delle tasse.
E’ questa una conseguenza dell’ effetto ridistribuivo dovuto in questi paesi alla progressività della tassazione dei redditi ed ai benefici concessi dai singoli Stati alle classi sociali più povere.
S. Kuznets osserva anche che, nei paesi economicamente più sviluppati, sono le classi di reddito intermedie quelle che, in definitiva , ricevono, con lo sviluppo dell’economia, la maggiore quota dell’aumento del reddito totale e che ciò contribuisce alla stabilità della struttura sociale di tali paesi.


Nei paesi sottosviluppati, dove la classe sociale intermedia é molto limitata o addirittura inesistente, tutto questo non avviene e, di conseguenza, maggiore e’ il rischio di instabilità sociale.
E’ da tenere infatti presente che l’ intensità dell’impulso naturale verso l’ uniformità è funzione diretta dell’ entità delle differenze di ricchezza e della consistenza degli strati sociali interessati.
Se in pratica la struttura sociale di un paese è formata prevalentemente da due soli strati sociali , e la differenza di ricchezza fra la minoranza dei privilegiati e la maggioranza dei più poveri è eccessivamente grande, esiste una notevole probabilità che, invece di un movimento ordinato, si verifichi un processo tumultuoso ed incontrollabile, avente per fine la soppressione  di ogni disuguaglianza.
Analogamente a quello che avviene quando, a causa di una eccessiva differenza di potenziale elettrico, si verifica un corto circuito e, dopo una scintilla, ha luogo la cessazione del flusso di elettroni, nel caso di una eccessiva differenza di ricchezza fra gli strati sociali possono aver luogo tumultuosi sommovimenti popolari, che possono anche sfociare in una rivoluzione, che sconvolge la struttura sociale esistente e provoca l’arresto del normale sviluppo economico.
Di un siffatto processo possiamo trovare conferma e testimonianza storica esaminando quanto è avvenuto in Russia con la rivoluzione comunista all’ inizio del secolo scorso.


In Russia all’inizio del XX secolo esisteva una struttura sociale priva di democrazia e costituita da una grande maggioranza di individui in stato di povertà e sottoposti ad una minoranza di privilegiati.
La rivoluzione comunista non potè estendersi ai Paesi dell’Europa Occidentale nei quali, in quello stesso periodo, già esisteva una classe media, che comprendeva una parte consistente della popolazione  e che praticamente contribuiva a ridurre e  ad attutire l’impatto  della differenza di ricchezza fra la classe sociale dei ceti più poveri e quella dei più ricchi, assicurando in tal modo una maggiore stabilità della struttura sociale , un più normale sviluppo dell’economia e, in complesso, una maggiore democrazia.
In sostanza, alla luce del “Secondo Principio Della Termodinamica”, la consistente classe media presente nei paesi dell’ Europa occidentale ha dimostrato di avere in quei paesi un effetto analogo a quello di una adeguata resistenza elettrica che, inserita fra due punti con elevata differenza di potenziale, permette di evitare il corto circuito ed il conseguente arresto della corrente elettrica.
Nel XIII secolo, mentre nell’ Europa Occidentale iniziava la  graduale e progressiva  formazione di una classe media, la Russia fu invasa dall’ Orda mongola e, per un lungo periodo, rimase sottoposta al giogo dei Tartari.
La struttura “feudal-cleptocratica” della società russa di quel tempo rispondeva perfettamente alle esigenze dei mongoli invasori e la conservazione di siffatta struttura fu per essi il modo più semplice per garantirsi sia la raccolta dei tributi, che dovevano a essere versati dai principi feudatari russi ai vertici dell’ Orda mongola, sia il mantenimento con la forza del completo controllo del territorio russo e della totale sottomissione delle popolazioni della Russia.
Per questi motivi l’Orda mongola, per circa due secoli, ha impedito con tutti i mezzi la formazione in Russia di una classe intermedia, conservando nello stesso tempo la tipica “oligarchia cleptocratica” russa, che è poi rimasta fiorente in quel paese anche nei secoli successivi.


Attualmente in Russia, secondo i calcoli di molti sociologi ed esperti di quel paese, la classe media, calcolata sulla base dei redditi individuali, costituisce appena il 20% della popolazione totale ed è per la metà formata da dipendenti dello Stato.
In particolare Tatiana Malevaia, direttrice di un importante istituto di politica sociale, sostiene che la classe media “ideale” rappresenta solo il 7%  della popolazione russa.
Nei paesi economicamente più sviluppati la classe media costituisce circa il 60/70% della popolazione ed è sintomatico che nel febbraio 2008 V. Putin abbia ufficialmente dichiarato che un importante compito della politica socio-economica russa deve essere il raggiungimento di tale valore percentuale entro il 2020.
Nel marzo 2008 è stato costituito in Russia l’ INSOR, uno speciale Comitato formato da un gruppo di studiosi ed esperti che hanno il compito di assistere il nuovo presidente russo D. Medvedev nella soluzione dei problemi economici e politici.
I primi problemi che l’INSOR ha avuto l’ incarico di studiare sono stati  quelli relativi alla limitata consistenza ed alla particolare natura della classe media russa.
In un rapporto presentato all’ INSOR da parte di un gruppo di esperti  di sociologia (Tatiana Malevaia), politica sociale (Evgeni Gontmaher), finanza ed energia (Leonida Gregorievic) , si afferma testualmente che:
 “una classe media numerosa è necessaria al potere esecutivo per la creazione di stabilità e di prospettive  democratiche”. 
Nell’ aprile del 2008 si è tenuta una Conferenza dell’ INSOR, nella quale gli esperti hanno concluso che l’ obbiettivo indicato da V. Putin non è raggiungibile, anche perché una numerosa e stabile classe media non può essere creata dall’ alto, ma, insieme alla democrazia, deve svilupparsi autonomamente come conseguenza di una ordinata e stabile crescita economica.
E’ infatti da tener presente che la formazione di una consistente classe media, sopratutto nei paesi dove  la stessa é inesistente o molto limitata, non è certamente un compito facile per chi sta al potere.
E’ chiaro inoltre che, nei paesi dove  la classe media praticamente non esiste, la stabilità della struttura sociale esistente si può solo mantenere con un regime di tipo autoritario e quindi a spese della democrazia.


Se esaminiamo la attuale situazione mondiale, dobbiamo purtroppo constatare che la grande maggioranza dei paesi é molto carente, sia per quanto riguarda lo sviluppo  di una consistente classe media, sia per ciò che concerne l’ attuale livello di democrazia.
Le conseguenze negative di questa situazione (rivoluzioni,instabilità dei governi, agitazioni popolari, ecc. ) sono attualmente, anche in conseguenza al continuo e rapido sviluppo dei mezzi di comunicazione, sotto gli occhi di tutti  ed i relativi problemi  non sono certamente di facile soluzione.
In sostanza, nei paesi dove una normale classe media è praticamente inesistente,  ha luogo un tipo particolare di circolo vizioso:  la crescita ordinata e stabile della democrazia e dell’ economia richiedono la presenza di una consistente classe media, per l’ apparizione e lo sviluppo della quale sono però  indispensabili sia la democrazia, sia una ordinata e stabile crescita economica.


Per quanto riguarda il nostro Paese, secondo i rilievi di molti analisti, la grave crisi finanziaria in atto sta provocando un assottigliamento della nostra classe media.
Molti fra gli appartenenti a questa classe sociale sono sospinti da un progressivo impoverimento verso la cosiddetta soglia di povertà, mentre per una esigua minoranza si verifica il fenomeno inverso e cioè un arricchimento ed il conseguente passaggio nella classe dei  più privilegiati.
Le conseguenze di questa crisi, esaminate alla luce del “Secondo Principio Della Termodinamica”, hanno quindi riflessi molto negativi sulla stabilità della struttura sociale del nostro Paese, che possono dare origine a preoccupanti tensioni sociali ed anche a notevoli problemi di ordine pubblico.
Anche per questo é quindi molto importante che, nell’ affrontare l’ attuale crisi finanziaria, tutte le risorse possibili vengano prioritariamente dedicate al sostegno ed allo sviluppo della nostra classe media.


Le considerazioni finora svolte, oltre che al sistema costituito da un singolo paese, possono anche essere estese al sistema costituito, su scala mondiale, da tutte le comunità nazionali.
Purtroppo per questo sistema globale si é finora dimostrato irraggiungibile l’obbiettivo di realizzare una struttura sociale stabile ed una crescita ordinata dell’ economia.
Guerre e continui conflitti fra comunità ed etnie diverse costituiscono di ciò una inconfutabile  testimonianza storica. 
Enormi sono attualmente le differenze di ricchezza fra una minoranza di paesi industrializzati e la maggioranza costituita dai paesi sottosviluppati.
Manca da sempre  un’ Autorità sopranazionale e democratica in grado di programmare e portare avanti a livello mondiale  una crescita economica ordinata ed una struttura sociale stabile.


Se poi consideriamo il sistema costituito da tutta la popolazione mondiale, la cui grande maggioranza si trova soggetta a regimi autoritari ed in condizioni di estrema indigenza o, addirittura, ai limiti delle possibilità di sopravvivenza, non si può fare a meno di prevedere che, nel breve e nel medio termine, molto gravi e di non facile soluzione sono, a livello mondiale, i problemi e le conseguenze derivanti dalle differenze di ricchezza.
Secondo i “Principi della Termodinamica”, l’ attuale “modello di sviluppo” dei paesi industrializzati, che é soprattutto basato su sulla crescita del PIL a spese di fonti energetiche non rinnovabili (combustibili solidi, petrolio, gas, sostanze radioattive,  ecc.) , risulta  insostenibile nel lungo termine anche dal punto di vista ecologico.
Abbiamo infatti che, per il  “Primo Principio Della Termodinamica”, le materie prime impiegate nella produzione di energia non possono essere distrutte (“niente si crea e niente si distrugge”) ma, per il  “Secondo Principio Della Termodinamica” (“aumento dell’ entropia”), si degradano in un processo irreversibile, trasformandosi, dal punto di vista energetico, in veri e propri rifiuti.
Si arriverà, prima o poi, all’ esaurimento delle scorte di materie prime che, In un sistema chiuso, come può in questo caso essere considerato quello terrestre, non sono evidentemente illimitate.
Il problema e’ poi aggravato se teniamo debito conto della esplosiva crescita demografica, dell’ inquinamento provocato dai rifiuti (CO2, scorie radioattive, ecc.) e della disordinata globalizzazione in atto.
Negli ultimi decenni si sono intensificati gli studi delle strutture socio-economiche, che alcuni studiosi matematici classificano fra i cosiddetti “sistemi complessi”, dato il gran numero di variabili che “sinergicamente” ne influenzano la dinamica e molte delle quali hanno un andamento casuale o sconosciuto.
E’ comunque un dato di fatto che, anche a livello teorico, non si sono ancora individuate, per i gravi problemi suesposti, teorie scientifiche  o soluzioni condivise che, a livello globale,  possano portarci ad un “nuovo modello di sviluppo” tale da garantirci che la dinamica del “sistema complesso” socio-economico non si trasformi in vero e proprio “Caos”, sia pure del tipo di quello che da alcuni matematici e studiosi della “Teoria dei Sistemi Dinamici” é stato definito, con un evidente ossimoro, “Caos Deterministico”.


Nei paesi più industrializzati si stanno attualmente adottando provvedimenti che, nel relativo “sistema paese”, si pensa possano, almeno nel “medio termine”, assicurare una sufficiente crescita sostenibile ed una sufficiente stabilità della struttura sociale; quali sono ad esempio il sostegno delle classi medie, il risparmio energetico ed il maggior impiego possibile di fonti energetiche cosiddette alternative e meno inquinanti.
In altre parole : “ tiriamo avanti, e poi ….…staremo a vedere !” ;  è giocoforza cioè che la vera soluzione dei problemi e le loro conseguenze negative siano oggi scaricate sulle spalle delle generazioni future.
Quello che noi oggi stimiamo essere un “medio termine” può però rapidamente divenire un termine “brevissimo”.
Nella dinamica del nostro “sistema complesso” socio-economico alcune fra le variabili  che gli studiosi classificano fra quelle con andamento casuale o sconosciuto, possono improvvisamente e “sinergicamente”, dar luogo ad eventi fino a quel momento imprevisti.
Molti fenomeni , quali ad esempio quelli connessi alla incontrollata globalizzazione in atto, allo sviluppo tecnologico ed alla diffusione dell’ informazione, possono infatti avere nel tempo una dinamica esponenziale ed avvenire cioè in tempi molto più rapidi e ravvicinati di quello che avremmo potuto aspettarci.
Ne e’ un esempio l’ improvviso e rapido evolversi della attuale crisi finanziaria.


In parole povere, nei “sistemi complessi” socio-economici possiamo assistere a quel particolare fenomeno che qualcuno definisce lo “shrinking future”, ovverosia : il “futuro che si restringe” !
Anche per questo alcuni fra i suddetti provvedimenti, quali ad esempio tutti quelli necessari nell’ attuale periodo di crisi finanziaria per sostenere nel nostro paese  la nostra classe media cominciando dai livelli piu’ bassi di reddito e per ridurre così il rischio di possibili conseguenze negative per l’ ordine pubblico, sono a mio avviso non solo necessari, ma anche molto urgenti.

Carlo Giarre’
28/02/2009